VOCABOLARIO
D’AUTORE
giovedì
26 aprile -
Paolo Nori - “Paletot”
Salone
San Pio del
Collegio Ghislieri - Pavia - ore 18:30
Paolo
Nori
(Parma, 1963) ha scritto fra l’altro Bassotuba
non c’è (1999), Spinoza
(2000), Grandi ustionati
(2001), Pancetta (2004),
Siam poi gente delicata. Bologna Parma, novanta
chilometri (2007), Mi
compro una Gilera (2008), Pubblici discorsi
(2008), I malcoltenti
(2010), La meravigliosa
utilità del filo a piombo
(2011). Marcos y Marcos ha appena ripubblicato Si chiama Francesca, questo romanzo, a dieci anni
dall’uscita con
Einaudi. Con Marco Raffaini ha scritto Storia
della Russia e dell’Italia (2003); ha tradotto Gogol’,
Lermontov, Puškin e
Turgenev. Scrive sul settemestrale di letteratura comparata al
nulla
“L’accalappiacani”. Suona la tromba ne I Nuovi Bogoncelli, “un
gruppo musicale
che non sanno suonare, e allora si devono inventare delle cose,
come recitare e
cantare ma non sono tanto bravi neanche a far quello”. Il suo
sito è www.paolonori.it
Guarda
l’intervista
di Silvia Truzzi a Paolo Nori, in viaggio verso i luoghi
dell’Olocausto, per Il Fatto Quotidiano: http://www.youtube.com/watch? v=Y-QTXmlV6eM
Buonasera.
Mi son
scritto un discorso che durerà quattro minuti. Mi rendo conto
che forse è un
po’ ridicolo, vedere uno che legge un discorso che dura
quattro minuti, che uno
che lo vede pensa, Ma perché se l’è scritto? Lo poteva dire, e
in effetti per
le cose che devo dire stasera, le potevo anche dire, solo che
quando devo
parlare in pubblico, mi succede che io quando parlo, mi viene
spontaneo far
degli incisi, aprire delle parentesi, anche quando scrivo,
solo che quando
parlo dopo di solito non mi ricordo mai da dove ero partito e
resto lì che non
so cosa dire e è proprio bruttissimo, non aver niente da dire
di fronte a della
gente che ti ascoltano, anche dei cinque sette secondi senza
niente da dire che
son proprio lunghissimi, cinque sette secondi di silenzio se
c’è della gente lì
che ti ascolta, e di solito quando mi succede così, per
toglier di mezzo il
silenzio che produce un imbarazzo che fa gravare sul posto
dove succede la cosa
una specie di nebbia fitta e spiacevolissima, io di solito
prima faccio dei
rumori del tipo Mmmmm, Mmmmm, oppure Eeeeee, Eeeee, poi di
solito dico la prima
cosa che mi viene in mente, che di solito non c’entra niente
con l’argomento
del discorso che devo fare quella volta lì. Allora dopo poi
sto malissimo.
(da Pubblici
discorsi, Quodlibet, 2008, p.94-95)
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