Mercoledì 13 marzo - ore 18:00 in libreria, ore 21:00 in collegio Ghislieri, aula goldoniana





Un incontro con una testimone eccezionale, Inge Auerbacher, e con Matteo Corradini, autore di La Repubblica delle Farfalle (Rizzoli), romanzo dedicato ai ragazzi di Terezin. Un tempo per parlare di Shoah, di deportazione, di leggi razziali, di infanzia… 

Perché Inge è stata deportata a Terezin, all’età di sette anni. Gli eventi della Shoah verranno raccontati passando attraverso alcuni oggetti simbolici e significativi: il sasso, la stella, la farfalla, il cucchiaio, la cartolina… Documenti, oggetti e fotografie verranno proiettati e verrà raccontato il loro valore, in relazione alla storia dei ragazzi ebrei che hanno vissuto la terribile esperienza della Shoah. Tutto verrà arricchito da musiche e proiezioni. A dialogare con Auerbacher e Corradini sarà Antonio Sacchi, dirigente del settore Cultura della Provincia di Pavia.

Inge Auerbacher è nata il 31 dicembre del 1934 a Kippenheim, ultima bambina ebrea nata in questo villaggio ai limiti Foresta Nera, a Sud di Strassburgo.
Ha sette anni quando con i suoi genitori viene rastrellata ed internata dai nazisti nel campo di concentramento di Terezin, in Cecoslovacchia. A lei, bambina, tocca vedere attraverso occhi ancora infantili, la più grande atrocità del secolo passato: l’Olocausto. Tra i suoi ricordi, il primo contatto con l’abisso nazista fu la spedizione del padre e del nonno al Campo di Dachau durante i rastrellamenti della Notte dei cristalli. Vennero rilasciati dopo poco, ma il tempo fu sufficiente a meditare di andare via da Kippenheim, verso Jebehausen, la città dei nonni, con la speranza di lasciare al più presto la Germania. Gli anni di Jebenhausen, per quanto vissuti in una sorta di sospensione, racchiudono i ricordi più belli di Inge. Ma fu proprio in quel contesto che la “soluzione finale” sorprese lei ed i suoi cari. Il 22 agosto 1942 fu deportata con la sua famiglia; privata di un nome, di una cittadinanza “è proprio vero, tutto è perduto, sono siamo più cittadini con nome, ora è un numero il nostro cognome” Inge diventa il numero XIII-I-408 ed insieme alla sua bambola Marlene, ultimo ricordo della nonna, intraprende la strada verso Terezin, via Stoccarda. Lì, a quaranta miglia a nord di Praga - subito varcata la soglia del campo (una vecchia fortezza militare costruita nel 1780), Inge si accorge che non c’è molto spazio per essere bambini. Eppure loro, i piccoli ebrei, sono bimbi speciali perché han sul petto una stella che li identifica sin da lontano. Da quel luogo, traduzione dell’orrore, della paura della morte, della violenza (“Tutt’intorno muri, muri, muri che assorbono il pianto e i suoi suoni oscuri”) Inge vede passare migliaia e migliaia di ebrei, magri, sporchi, smunti ed insieme a loro tanti e tanti bambini. La maggior parte, i più deboli, quelli “inutili” vengono inviati alla fine più atroce: Auschwitz…


Ora ha 78 anni e vive a New York, dove scrive.

Nessun commento:

Posta un commento